Il crowdsourcing e’ una cagata pazzesca

Qualche giorno fa, in molti hanno scritto su come la blogsfera (o in generale il web) abbia una scrematura delle fonti un po’ particolare, da una parte c’e’ l’infinita offerta e pluralità delle fonti, ma dall’altra parte l’utente si auto limita scremando il tutto secondo i suoi gusti e idee, che come scelta è normale e condivisibile , ma essere sempre d’accordo rende le discussioni meno interessanti, anche perchè nonostante il punto di vista differente si arriva ad un punto di vista condiviso e condivisibile e queste motivazioni portano spesso, “alla eliminazione” dei commenti (evitando anche di dilungarsi inutilmente) aggiungendo solamente un fave o un like o quello che sia.. che e’ bello come “applicazione”  2.0 ma meno dal punto di vista puramente”sociale” e dialettico.

E’  quasi ovvio che un elettore del pd non andrà a commentare e discutere pacatamente su di un blog  tenuto dal cuggino estremista e ignorante di Borghezio, a meno che non sia un sadico dedito al bondage (molto più di tutti gli altri iscritti o sostenitori del PD, che sono autolesionisti nel DNA),  ma gli esempi potrebbero essere infinti sia sul calcio, che sulla religione, che sul sesso e per finire ai videogame, ma e’ assurdo che quella rete che sembra essere il simbolo di molte cose, in Italia ma,ihmo, anche nel resto del mondo non riesce a dare vita al niente cosmico .

Mi soffermo all’Italia che e’ la situazione che dovrei conoscere meglio, ho detto dovrei apposto 😀

In Italia i giornalisti/blogger di riferimento sono pochi si contano sulle dita di due mani (e in una delle due ora ho un bel pezzo di pizza) ma non riescono a dare un seguito a “tutto questo movimento” un po’ per disinteresse da parte dei lettore un po’ perché nonostante si facciano bandiere, o molte volte vengano eletti a tali, sono legati a doppio filo a quel italietta che vorrebbero (dovrebbero) contribuire a cambiare.

E non mi riferisco solamente alla politica, ma anche a tutto quel mondo che lavora e si muove grazie  alla rete ad internet e  alle  “nuove” professionalità nate grazie alla new economy (si mi sto dilungando troppo), e non è una questione di numeri, gli utenti di Facebook sono in continua crescita, i blog  anche,  gli accessi ai Social Network coninuano nonostante tutto a crescere.. insomma di numeri e potenzialità ci sono.

Il problema e’ che nell’ultimo periodo, ihmo, la blogsfera italiana (dai passatemi il termine) ha avuto un evoluzione un po’ particolare che ha portato alla creazione di un “circoletto” che si è trasformato in una elite ristretta impossibile o quasi da “intaccare” o ampliare (fate voi) che si commenta a vicenda (nulla di male), che si incontra (niente di male) e che si crea business (giustamente ihmo, sempre che ci sia la professionalità o le capacità) però al mondo esterno, quello dei novizi, degli assenti o dei moltissimi che non hanno una presenza così assidua sui SN (facebook a parte, naturalmente) e che lavorano in altri settori, appare un mondo molto poco social e fuori dal mondo.. rispetto all’idea o alla immagine che si cerca di dare e trasmettere.

Ora per tornare al titolo, marco camisani calzolari su friendfeed la scorsa settimana ha aperto questo post

il video a cui si riferisce la discussione lo potete trovare anche qui.

Polemico, anziché no il titolo, non so quanto voluto o quanto “ingenuo”, però la sequela di commenti che ne sono scaturiti e’ stato abbastanza particolare, e molto interessante da leggere, i punti di vista sono diversi, e per la maggior parte sottolineano quanto mcc sia stato poco “opportuno” o troppo a commentare quel video.

Ma partiamo dalla base, secondo wikipedia il crowdsourcing e’:

Il termine Crowdsourcing (crowd + outsourcing) è un neologismo che definisce un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione richiede lo sviluppo di un progetto, di un servizio o di un prodotto ad un insieme distribuito di persone non già organizzate in un team. Tale processo avviene attraverso degli strumenti web o comunque dei portali su internet.

Inizialmente il crowdsourcing si basava sul lavoro di volontari ed appassionati che dedicavano il loro tempo libero a creare contenuti e risolvere problemi. La community open source è stata la prima a trovarne beneficio.

Oggi il crowdsourcing rappresenta per le aziende un nuovo modello di open enterprise, per i freelance la possibilità di offrire i propri servizi su un mercato globale.

Secondo la mia personale idea, il crowdsourcing e’ tra le più vecchie forme di comunicazione ed aggregazioni, e non ci vogliono sociologi/blogger con libri su libri dove ci fanno capire che condividere, creare comunità, e’ una risorsa molto importante per l’uomo ma non negli ultimi 15/20 anni ma su per giù da 5000 anni almeno, quindi che ne dica mcc non saper spiegare il termine crowdsourcing non e’ una cosa incredibile, e’ incredibile che durante un barcamp, un meeting tra addetti del settore si usino termini anglofoni (a volte inascoltabili) solamente per far vedere quanto siano internazionali o cool e geek (come ihmo preferirebbero essere chiamati).

Come ho già scritto su friend feed, un 5 virtuale a tutti quelli che ci hanno provato a spiegare il termine, che sono veri quanto basta per ammettere senza vergogna che il termine non lo conoscevano.

RomeCamp 2008. Io partecipo. e Tu?

La prossima settimana, il weekend del 21 e 22 Novembre si svolgerà presso l’Università degli Studi Roma Tre – Facoltà di Economia Federico Caffè in Via Silvio D’Amico, 77,  il Romecamp 2008, l’organizzazione è ad un ottimo punto grazie alla grande macchina organizzativa messa su da Nicola e molti altri.

Lo so che i miei lettori, almeno quei 5/6 che conosco bene, vorrebbero capire cosa è un barcamp (sì perchè c’è parecchia gente che non sa cosa sia un barcamp), e che già lo scorso anno avevano avuto a che ridire sulla questione.. ma questa volta invece di spiegare mi piacerebbe che fossero loro a fare delle domande e anzi venissero anche una mezz’ora ad ascoltare e respirare un barcamp.

Così intanto faccio un rapido cut&paste, dal blog di Nicola:

Comunicare comunicare comunicare. Stiamo facendo tutto il possibile per comunicare l’evento a un pubblico diverso da quello che ha frequentato finora i barcamp. Lo staff di Elastic sta telefonando a tappeto a enti di ricerca, associazioni, istituti, fondazione e così di seguito. Le risposte sono molto varie: c’è chi è interessato e chi invece fa spallucce. Abbiamo scoperto che la cosa più difficile da raccontare è il fatto che tutti possono partecipare contribuendo: la gente è abituata ad andare a conferenze dove si mette seduta e ascolta oppure dove viene invitata ufficialmente a parlare su un argomento ben definito. Fatelo anche voi: convincete un analogico a partecipare :-)

Parliamone in giro. Aiutateci a diffondere il concetto di non-conferenza: scrivetene nel vostro blog; pubblicate il bannerino del RomeCamp nella sidebar; twitterate. Insomma, noi stiamo facendo un notevole sforzo organizzativo per creare una bella esperienza: un momento in cui si possano condividere contenuti di valore e si riescano a generare idee dal basso. Dateci una mano a fare di più.

Il manifesto. Abbiamo un manifesto che la prossima settimana attaccheremo in tutte le facoltà di Roma. Nel corso dell’ultima riunione dei volontari, è stato suggerito di affiggerlo anche nelle aziende e nei poli tecnologici. Se siete a Roma e volete il manifesto da mettere nella vostra azienda, scrivete ad Antonella (antonella.napolitano@elastic.it): ve lo faremo avere in qualche modo :-)

La festa di Maxime. Maxime sta organizzando una festa il sabato sera: ovviamente ha tutto il nostro supporto morale (e forse anche un aiuto materiale: vediamo se il budget ce lo permette), perché sarà una cosa divertente… trovate maggiori informazioni nel suo sito.

RomeCamp2008

RomeCamp 2008

RomeCamp 2008 Logo

Logo by SenzaStile

Il 3 Luglio Nicola Mattina ha “deciso” di organizzare insieme a Vincenzo Cosenza, il RomeCamp 2008.

Non sono stato a molti BarCamp, però la foruma e gli interventi mi hanno sempre interessato particolarmente, e l’ultimo a cui ho partecipato mi era piaciuto ma c’erano state alcune cosette che non erano anadate particolarmente bene, così leggendo il post di Nicola, ho deciso non solo di partecipare ma di offrirmi come volontario, perchè credo che in questi eventi la partecipazione dal (molto) basso sia fondamentale, perchè per spiegare cosa sia un BarCamp ai non geek, è un impresa ardua perchè dall’altra parte oltre al Texas Hold’em e le emoticons di msn, c’è pochissima apertura mentale, purtroppo.

Per il momento c’è poco o nulla di concreto, volontari e partecipanti a parte:

  1. Il periodo dovrebbe essere novembre/dicembre
  2. Manca la sede
  3. Ci sono alcune proposte di Logo
  4. C’è il Blog ufficiale e il wiki
  5. Mancano sponsor

Alcune considerazioni su questi primi punti:

  1. sul periodo niente da dire, è ottimo, e la partecipazione potrebbe essere massiccia
  2. Sulla sede ho già detto la mia, eviterei sedi universitarie o comunque sedi che potrebbero far rimanere il barcamp di nicchia e non aperto “al pubblico”
  3. Il logo mi piace, è molto istituzionale, poco geek
  4. Al momento, ci sono molti volontari e molti partecipanti e questo è sicuramente un bene

Alcune considerazioni sparse su quello che si è detto in questi giorni sul RomeCamp2008

  • Due idee di Antonio Pavolini mi piacciono particolarmente:
    • far presentare speech solamente agli under 30
    • Creare un dopo barcamp con “gruppi di lavoro”
  • La sede dovrebbe essere quanto più centrale ed informale possibile, tenderei ad escludere sedi universitarie che la domenica “allontanano” l’utente medio a favore dei centri commerciali
  • Farei grossa selezione nel caso ci fossero molti intevernti, tenendo ad escludere quelli che sono semplici e stupidi markettoni, chessò magari a portali di incontri
  • Dare molto spazio alle discussioni che nascono durante uno speech e non sedarle per motivi di tempo/spazio.
  • Cercare di coinvolgere il più possibile newbie, cercare di far uscire la blogsfera da quel distorto dipinto di pazzi, criminali, pedofili, drogati e immorali con cui Porta a Porta e affini ci dipingono.
  • Insomma di lavoro da fare ce n’è parecchio, e quello più grande a mio parere è la ricerca di sponsor, soprattutto in questo preciso momento economico e sociale.